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FESTA CON NOBEL PER I 25 ANNI DELLA FONDAZIONE BRUNELLI

 

Ricerca e disabilità. Queste le parole guida, lo scorso luglio a Brescia, del convegno conclusivo di “Salu­te in Comune”, organizzato, in occasione del suo 25° anniversario, dalla Fondazione Giorgio Brunel­li, sotto la regia di Luisa Monini. Un seminario con la partecipazione di illustri protagonisti del mondo medico-scientifico, a partire da Aaron Ciechanover, Nobel per la chimica nel 2004 grazie alla scoperta dell’ubiquitina, molecola chiave per la distruzione di proteine danneggiate.

Due le sessioni. La prima, dedicata al valore della ricerca biomedica che vede oggi, come sottolineato dallo stesso Ciechanover, concentrare i propri sforzi verso una medicina predittiva e personalizzata, in grado sia di prevedere il rischio di ammalarsi, sia di curare con terapie a misura di paziente. Non sen­za complicazioni etiche, legate, per esempio, alla proprietà dei dati ricavati dall’esame del Dna o alla consapevolezza di poter andare incontro, nel tempo, a malattia. Da qui i paletti posti da Laura Palazzani, bioeticista e ordinario di Filosofia del diritto all’Uni­versità Lumsa, che ha voluto sottolineare “il primato dell’essere umano sul progresso della ricerca scienti­fica e tecnologica”.

Il valore della ricerca, però, sta anche nella capacità di finanziarla, con investimenti dell’industria sempre più preponderanti rispetto a quelli pubblici, a quanto riferito da Maurizio Memo, Ordinario di Farmaco­logia all’Università degli Studi di Brescia. Nascono, però, idee virtuose di partnership pubblico/privato, come il progetto Light, presentato da Marina Pizzi, ordinario di Farmacologia all’Università di Brescia: Ateneo bresciano, Antares Vision e Dompè insie­me per lo sviluppo di piattaforme di condivisione dati, messa a punto di nuovi farmaci e creazione di un ospedale “virtuale” basato sulla telemedicina. A chiudere la mattinata, Silvio Garattini, presidente dell’Istituto Mario Negri di Milano, che ha proposto una rivoluzione culturale: sdoganare la parola “pre­venzione”, troppo spesso penalizzata a favore di una certamente più redditizia come “terapia”.

 
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